Son nato in un periodo storico complesso, un secolo di transizione, dove tutto si rimescola sollevando sedimenti che il tempo aveva sapientemente consegnato all’oblio della terra. La cultura, l’arte in genere, si è persa nelle acque basse e stagnanti delle mode, deliziata e paga delle più futili artificiosità. Arbitraria, si gingilla in compiacimenti cervellotici e perversi, satura, ridondante di effetti speciali, affascinata dalla forma e dalla confezione. Riappaiono come zombi i fantasmi del caos primordiale, tirati a lucido come nelle vetrine dell’usato.
C’è un affanno palpabile, una ricerca d’identità, originalità e novità, però non è altro che imbiancatura di facciate in disfacimento.
Dal travaglio di questo secolo germinerà il seme di una nuova coscienza, la Storia ha un destino, lo dico per fede, ma ora si vive il disagio di un parto difficile e male assistito. Troppo rumore, troppe luci, troppa velocità, distrazione, stravaganza e indecenza, molta, molta indecenza. Manca del tutto la pausa musicale che è lo spazio necessario per meditare il suono, il parlato, il vissuto. Non c’è affezione, una cosa vale l’altra. Deboli amori, al loro posto sfizi.
Ci sono troppe risposte, troppe verità, troppi messia… troppi peccati.
Le domande sono quiz, la cultura viaggia orizzontalmente, si espande in superficie mischiata all’invadenza della pubblicità, moltiplica dispersiva informazione di dettaglio e deleteria disinformazione anestetica, è tautologica, rimbalza da una sponda all’altra infinite volte: ha dimenticato la dimensione verticale, indifferente o, forse, inconsapevole della profondità e dell’altezza.
Stupisce la predicazione del disordine in un secolo educato ai rigori della scienza. Per la verità dà scandalo anche la scienza che, testimone della perfezione dell’universo, non sembra capace di risalire alla sua causa logica, al “motore immobile”… a Dio, in aperta contraddizione con il proprio metodo di ricerca.
Resto sovrappensiero, un po’ sopraffatto da ciò che mi accade intorno, incerto sull’affidabilità dell’intelligenza umana, preoccupato per l’entropia che si accumula come una nera tempesta di sabbia.
Tendo l’orecchio alle profezie, per meglio comprendere il presente.
E mi convinco che quest’epoca disperata è assetata di trascendenza.