Pensieri

Quando fisso sul cavalletto una tela bianca, così come quando spiano davanti a me una pagina di un quaderno non sono, come può sembrare, all’inizio di un lavoro, ma alla fine. Infatti, non potrei inventare nulla d’interessante, di personale e di nuovo se non avessi prima portato a maturazione quell’enorme e sempre misterioso processo di crescita che consiste nell’accorgerci che stiamo vivendo. Non è esatto dire che l’artista crea qualcosa. L’artista non crea dal nulla, rielabora la Creazione, e non tutta, solo quel po’ che entra nel suo piccolo orizzonte culturale, coniugando il retaggio del sangue e della civiltà alle esperienze della sua particolare e privata esistenza. Comprendere questo dispone l’animo in un atteggiamento molto simile all’umiltà che, d’altra parte, è segno d’ogni umana grandezza.
Curiosamente, l’artista, nell’investigare la vita, si scoprirà impegnato in un compito contraddittorio: testimoniare l’unità divisa, convivere con il paradosso. La testimonianza dell’Arte è, infatti, ambivalente e paradossale così come è la vita, mentre la vocazione, il compito e il fine d’entrambi è di ridurre ogni antitesi ad un centro di gravità soprannaturale in cui converga l’intera realtà. Questa vocazione dell’Arte viene da un altro mondo ed è sentita e vissuta dall’artista come “tensione”, “ricerca” che si affaccia sul Mistero, ma che si ferma sul ciglio inesplorato di un abisso d’ombra: la Morte.
La Vita e la Morte divengono un unico, enorme, insondabile Mistero ed è appunto il Mistero a essere l’imprescindibile cassa di risonanza di ogni opera d’arte.

 

Il Mistero è un Tempio dove Dio e l’uomo abitano insieme.

 

Da questa intuizione discende la sacralità dell’Arte che s’impone anche al profano con autorità.

 

L’Arte parla il linguaggio dell’anima con parole fatte di terra.

 

“NOI verremo a te e prenderemo dimora presso di te” rivela il Dio Trinitario all’uomo che spazza la sua casa in attesa dell’Ospite di riguardo: la scintilla dell’Ispirazione fa luce in una casa preparata ad accoglierla e, per un artista, nulla è più importante che vivere in comunione con il Mistero.

 

L’artista è uno spirito contemplativo e un uomo che prega.

 

Per me è gioia ineffabile parlare dell’azzurro che illumina i miei percorsi in quota.
Sento l’urgenza di condividere ciò che vedo a occhi chiusi, con sguardo visionario. Dentro la meccanica del fare, contemplo la perfezione d’ingranaggi perfettamente oliati, connessi e armonici, predisposti a scopi convergenti e unitari.
L’Arte è lo scandaglio esistenziale di cui mi servo per la maturazione del mio stile, della mia identità, in essa trovo confermati e ribaditi i parametri fissi e i punti cardinali di questa avventurosa navigazione d’altura.
Musica, pittura, scultura, prosa, poesia… vale sempre la stessa regola: il ritmo. Densità e vuoto, suono e silenzio, movimento e quiete sono il pulsare di un cuore, cadenza di respiro dell’universo, giorno, notte, stagioni, orbite, cicli… tutto esattamente al tempo stabilito: il tempo di un’orchestra.
E’ la vita, il suo meccanismo sincopato.
Penso a queste cose durante il giorno, quando seguo le notizie dei telegiornali, quando lavoro al computer, quando medito le Scritture, quando parlo con le persone o quando scrivo o costruisco un quadro e penso alle concatenazioni, per stabilire quello che viene prima e quello che segue dopo, penso all’ordine e alla
destinazione delle cose.
Ritmo: questa è la regola e il metodo. La spiegazione è profezia escatologica, annotata in appendice, nell’ultima pagina del Libro Sacro.
Su questa regola adeguo il mio passo a ritmo di samba, con allegria. Con gioia attraverso porte aperte, seguendo l’ispirazione. Con meraviglia contemplo la perfezione del Creato che si fa voce che insegna le misteriose leggi armoniche che proporzionano l’altezza delle montagne e fissano un limite alle terre e alle acque. Seguire il ritmo vuol dire cavalcare l’onda giusta, capire la sua logica significa essere in sintonia con l’Universo e applicarla proclamare l’Amen, testimoniando la trascendente Verità e Giustizia di Dio, conferendo pregnanza e bellezza al nostro fare.
L’Arte è Trascendenza, null’altro che trascendenza, come lo siamo noi, del resto, se dimentichiamo questo perdiamo l’orientamento e ci condanniamo a vagare sulla superficie sconfinata di una realtà opaca e opinabile, illusoriamente concreta e densa nell’attimo presente che subito passa, evaporando nel nulla di una memoria virtuale che svanisce… e allora accade che il mondo cominci a girare alla rovescia.
Io me ne accorgo subito quando la realtà cambia colore, sono un pittore, ci vuol poco, mi accorgo dell’attimo in cui il giorno diventa più breve, alzo lo sguardo per scrutare il cielo, fiuto l’aria e mi preparo all’inverno stivando luce nel mio granaio: ho scorte di luce per sopravvivere all’olocausto nucleare.

Ho un sogno e una strada che attraversa le contraddizioni come un ponte aereo di Calatrava.

A chi mi chiede chi sia la mia musa ispiratrice, rispondo, per abitudine, chiamando in causa l’Amore, ma, entrando nello specifico di questa richiesta, aggiungo che sempre io sono mosso da “Nostalgia”. La prossimità della felicità mi è problematica, chiede una visione dilatata che supera il mio normale campo visivo, ho bisogno di distanza, dell’aiuto della prospettiva che rimpicciolisce la mole delle montagne per contemplare la loro solenne bellezza, la distanza dagli Ideali è la mia sete e, Verità chiede, ch’io metta tra me e il mio amore, la fatica di un viaggio.

Nostalgia è l’onda che mi porta, come un ricordo dalle tinte pastello, sospeso tra cielo e terra, su un orizzonte lontano… come l’infanzia.